Like a rush of blood to the head

Occhi iniettati di disperazione furente, capaci di bucare l’asfalto, corrodere i palazzi attorno. Ho quasi paura mi si posino addosso, ho quasi timore di bruciare all’istante. È il mondo che ci si chiude addosso, questo istante capace di replicarsi 6 volte e chiudersi su sé stesso, una combinazione impossibile a sigillare ogni faccia. Un secondo immobile, isolato, sterile. Non c’é dopo, poi, quindi. Seguono istanti di puro caos, per confondere i pezzi, distrarre l’attenzione con un gioco di prestigio e poi inizierà qualcos’altro, di totalmente altro, di totalmente diverso. E questo secondo, chiuso in una scatola, con sú appiccicato un adesivo e il tratto indefinibile di uno scarabocchio, finirá dritto dritto tra gli scaffali della memoria indelebile.

Ho sentito ogni volta crearsi l’eterno dentro me. Quando il razionale arretra, si ritrae, cede il passo a quell’istinto che porta addosso l’odore di erba tagliata che ha il terrore, quando sai che si è appena verificato un evento irreversibile, che qualcosa é cambiato, sostanzialmente e ineluttabilmente immutabile, qualcosa è cambiato e frana la terra sotto i piedi semplicemente perchè per un attimo della gravitá non ti importa nulla, puoi restare sospeso, puoi restare sospeso e inalare tutto questo, la paura, la terra, il sangue che pulsa nei pensieri, il nero che avanza e inghiotti, il nero dell’ignoto che non fa male, non più di gettarsi da un ponte senza guardare. E in questa apocalisse personale avverti di essere. E ogni fragilitá ti é accanto e ogni umanitá ti sfiora. Percepisci in un attimo i miliardi di dati che il cervello ha elaborato per portarti lì, in quell’istante, a chiederti se davvero la consapevolezza di vivere sia tanto diversa da quella di morire.

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17 thoughts on “Like a rush of blood to the head

  1. Wish aka Max says:

    Questo lo hai scritto dopo il post sul traffico, confessa! 😉

    E’ il gorgo del mal di vivere, quello dal quale in certi momenti ci si lascia sedurre, nel quale ci si abbandona anche se ad un certo punto l’aria inizia a mancare, ma la stessa sensazione di soffocamento diventa quasi piacevole. Sensazioni contraddittorie, più si sta male e più ci si abbandona al malessere, quasi adagiandosi e facendosi cullare, aspettando che aumenti, cercando di intuire quanto sarà alta la prossima ondata, mentre il malessere diventa disperazione.

    • n.n
      E’ così ma escludendo solo l’incipit…non è esattamente il male di vivere, forse sotto certi versi è il suo contrario: sentirsi attraversare dal terrore di essere la posta in gioco di una scommessa con sé stessi e tentare un all-in, sia quel che sia. Che significhi radere al suolo ogni certezza e sopravvivere tra le macerie di tutto ciò che si è stati o l’impulso di concretizzare un desiderio.

  2. el says:

    la consapevolezza. che venga dai sorrisi, dai pianti, dall’odio o dalla quasi morte, è una scoperta meravigliosa, solo per pochi, ho sempre pensato. che faccia bene o male. consapevolezza di per se è vita.
    abbraccio te.

    • Che sia repentina come un afflusso di sangue al cervello o ponderata, la consapevolezza di vivere è ciò che trasforma l’accaduto in ricordo o esperienza dal quale ripartire, o da conservare, o maledire, ma è ciò che trasforma il vivere in vissuto, in storia intima. E’ quello che ho sempre pensato. Vivere non ha peso, il vissuto sì. La tara credo sia proprio lei.
      *

  3. e la paura che presto, troppo presto, in un momento incredibilmente vicino, ce ne dimenticheremo.

  4. NaifSuper says:

    So meet me by the bridge,
    meet me by the lane,
    when am i gonna see, that pretty face again,
    Oh meet me on the road,
    meet me where i stand,
    blame it all upon, a rush of blood to the head.

    ^^

  5. Topper says:

    La consapevolezza di morire non la conosceremo mai. Forse avremo consapevolezza di stare per morire ma quando moriremo non avremo più nulla.
    La consapevolezza di vivere è diversa, puoi averla sempre o puoi ignorarla ma di certo saprai sempre di aver vissuto ed è questo che conta.

    • A volte si ha consapevolezza di morire ogni giorno più che di vivere ogni giorno, così come non credo che vivere e vissuto siano consequenziali…ma sono considerazioni parziali. Basta solo la consapevolezza di aver vissuto alcuni istanti fondamentali per costruirci sú una vita.

  6. ilprostituto says:

    bhe…
    la consapevolezza è quello che ci distingue dagli animali, la percezione del se. Di essere vivi e non rispondere solo alle pulsioni. Quindi direi che essa stessa è parte della vita. Quando finisce inizia la morte. E per quanto uno possa credere di dimenticarsene non lo fa mai. Ogni volta che si fa una scelta la si collega invitabilmente alla vita. O in casi estremi alla fine, della vita.
    Però devo dire che le sento come due cose separate. La vita scorre, per quanto breve possa essere. La morte è un punto. Solo nella prima puoi avere uno stato di consapevolezza. Nella seconda torni a far parte di quello che siamo: l’universo, pura matematica.

    vedi un pò che cammini e ti ritrovi in un posto e non sai manco come ci sei arrivato…

    • Mi sono sempre chiesta se davvero gli animali non abbiamo percezione della propria esistenza. Che il loro agire sia spontaneo e scevro da considerazioni, deduzioni, macchinazioni è in fondo affascinante. In quella continua ricerca di equilibrio che è, a mio parere, la vita, nelle pause stabili, si intromettono variabili impazzite che minano le certezze e scatenano il caos. È il rapporto col caos che fa la differenza, quanta sicurezza si vuole dare in pasto al caos. Quando si ha la consapevolezza di far piazza pulita delle proprie certezze allora si entra in contatto con qualcosa più vicino alla radice di sè, che io identifico con la percezione della propria fragilitá, della morte, ma anche della propria nascita, della propria umanità, quell’attimo in cui avvertiamo il terrore del vuoto, del collassamento, della creazione. E forse sto complicando un po’ troppo le cose, perchè non è niente di trascendentale, in fondo.

      • ilprostituto says:

        Gli animali non hanno una percezione del se. Metti un gatto davanti allo specchio… anche quando capiscono che non è un pericolo quel riflesso, non percepiscono il loro io. Che io sappia giusto orche e delfini hanno una piccola percezione di se stessi. È la vita. Imprevedibile ovviamente. E poi il caos è equo come diceva il saggio Joker: “Se introduci un po’ di anarchia… se stravolgi l’ordine prestabilito… tutto diventa improvvisamente caos. Io sono un agente del caos. E sai qual è il bello del caos? E’ equo!”
        E allora devi saper reagire. Perchè nessuno è immune

      • E ognuno reagisce in modo diverso dinanzi all’imprevedibile. Si può combattere il caos, ci si puó far travolgere, ci si puó scontrare, opponendovisi con tutte le proprie forze. Mi chiedo se si possa ignorare o la smania di rimettere le cose al proprio posto, di ristabilire l’ordine, non sia sempre più forte. Ed io sistemo anche i barattoli che vedo in disordine sugli scaffali quando faccio la spesa.

  7. ilprostituto says:

    Infatti, non c’è metodo vincente…
    i barattoli…
    ahahahaha

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